Alexander Bikbov (MicroMega, 14 ottobre 2022)
La Russia di Putin, un regime neomercantilista disseminato di focolai di resistenza
La conscienza cresce in Russia che la guerra contro l’Ucraina è una disgrazia. La società è in gran parte schiacciata dalle disuguaglianze ma i focolai di dissidenza e resistenza, sottotraccia, non si spengono. Un’analisi delle dinamiche della società russa dal febbraio 2022: la guerra come la macchina delle disuguaglianze, le forme di consenso e di resistenza che genera.
- La società ucraina esiste
- La crisi di coscienza dei russi
- La guerra ha portato distruzione anche in Russia
- Il lavoro degli esuli e di chi è rimasto
- Una società controllata e censurata ma non schiacciata
- Un regime neomercantilista: la guerra è potere per la nazione
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Un estratto:
Volendo trovare una definizione al regime russo attuale, non lo definirei un regime fascista: è una parola troppo impegnativa in senso storico che rischia di non farci capire davvero la Russia, per quanto ci siano azioni ed elementi paragonabili al fascismo. Sulla base delle mie ricerche definirei oggi la Russia, sul piano della forma dello Stato, del governo e di molte sue istituzioni, un regime politico neomercantilista che è entrato in guerra. Parlo di “neomercantilismo” per rifarmi esplicitamente ai regimi politici simili per esempio a quello inglese del secolo XVII. In quelle società statali, le forme del commercio e del protezionismo si coniugavano con una forte tentazione coloniale e nazionalista, ma anche con l’idea che la guerra rappresenta una possibilità per il commercio. Questo è un elemento importante per capire il governo russo di oggi e la sua evoluzione negli ultimi 20 anni, che l’ha portato a sposare il dogma neoliberista. Il regime russo è arrivato a questa guerra con molte similitudini, nella gestione dell’economia e della cultura, con i governi europei neoliberisti. Questa è l’assurdità che ha impedito a molti di prevedere che Putin avrebbe fatto ricorso all’invasione militare. Hanno pensato che si muovesse in una cornice di razionalità economica neoliberista, che puntasse a riempire le sue tasche in modo razionale. Se questo non è accaduto è perché Putin ha ragionato secondo una logica mercantilista: il commercio, per esempio del gas o del petrolio, rimangono un dogma del regime. Ma dall’altro lato, la guerra in base alla visione mercantilista permette l’espansione della potenza del regime. L’espansione territoriale non è ragionevole dal punto di vista economico. Espandersi territorialmente è sempre un problema per l’economia, e già con l’annessione della Crimea nel 2014 la Russia ha risentito economicamente dell’espansione territoriale. Per esempio, una parte delle pensioni dei russi andò a finanziare il sostegno del nuovo territorio. La logica che muove Putin non è perciò una logica economica immediata, quanto piuttosto una logica neomercantilista: il territorio è potere, contribuisce all’affermazione del potere. Prima prendiamo il potere, poi arriverà anche la ricchezza. La scommessa che Vladimir Putin ha lanciato sulla pelle del popolo ucraino, di quello russo e di tutti noi potrebbe essere questa.